Common Identity - New perspective
Knowledge, Conservation and Improvement of HAbitat RUpestrian MEditerranean
Le grotte della preistoria si possono considerare come i più antichi luoghi d'arte. Le prime tracce comunitativo-espressive vanno rintracciate in un lento e continuo processo di modificazione ambientale che avviene nel Paleolitico tra il 650.000 e il 170.000 per opera delle prime piccole comunità umane, insediate in caverne, grotte e rifugi rupestri. Abitare in una grotta, e trascorrerci gli inverni rigidissimi dei periodi glaciali, non vuol dire solo proteggersi da una natura piena di insidie, pericolosa ed ostile. Vuol dire anche fare delle modifiche, adattare l'involucro naturale della grotta alle esigenze primarie dell’esistenza umana. Questi interni bui, ma molto protettivi, informi, sono stati scheggiati, dipinti, incisi, riempiti di cose portate da fuori, ”addomesticati” in un certo qual modo dalla presenza umana.
Le grotte abitate dagli uomini hanno perso la loro naturalità, sono state artificializzate dagli interventi umani, rappresentano una “pre-architettura”'. Le grotte paleolitiche sono luoghi speciali, perchè sono luoghi segnati dalle prime presenze dell'uomo, testimoniano le prime manifestazioni d'arte e di cultura che sono arrivate fino a noi. Sono l'archetipo dell'architettura, cioè l'inizio, l'origine. Hanno un grandissimo valore storico e scientifico e spesso anche artistico. Le più numerose si trovano in Europa, soprattutto nella regione franco-cantabrica. In Spagna sono famosissime le grotte di El Castillo e di Altamira, in Francia, quelle di Lascaux. Anche in Italia esistono numerose grotte preistoriche, con caratteristiche diverse e appartenenti a diversi periodi, collocate in tutta la penisola. Nel nord le troviamo nelle Alpi carsiche dell'area di Trieste; in Liguria nei Balzi Rossi (tra fine Paleolitico e Mesolitico). Nel centro, nel Lazio attorno al Monte Circeo e sulla costa tirrenica in provincia di Latina. Nel sud, in Abruzzo nel Fucino, vicino ad Avezzano, in Campania, vicino a Salerno, in Basilicata nella zona di Matera, in Puglia nel Gargano e nella Murgia. Nelle isole, in Sicilia presso Palermo, Siracusa e nelle Egadi, in Sardegna, dove lo scavo di due grotte presso Mara ha consentito di verificare che alcune grotte erano usate esclusivamente come santuario, altre come abitazione.
Le due grotte si aprono presso il santuario di N.S. di Bonu Ighinu, dove, 1 km. ad est della chiesa, sul monte, si apre la grotta detta “Sa ucca ‘e su tintirriolu” (La bocca del pipistrello). La Cultura di "Bonu Ighinu" collocabile tra il 4000 e il 3500 a.C., deve il suo nome al ritrovamento di innumerevoli reperti ceramici di grande pregio artistico, utensili di osso e idoli, durante le prime ricerche nel 1969. Durante questi primi scavi, nella parte anteriore della grotta (che è lunga più di 2 km.) si trovarono anche ossa umane. Dagli studi successivi, si capì che la grotta veniva usata solo come santuario e necropoli. Più a valle, 350 m. più in basso, si apre la grotta “Filiestru”, che fu scavata nel 1979, si trovarono degli strati ancora più antichi, databili dal 4750 al 4500 a.C., i reperti sono oggetti di uso quotidiano, utensili, e avanzi di cibo, da cui si può dedurre che questa grotta fosse usata come abitazione e per molte generazioni.
In età classica molte di queste grotte furono sede di culto per divinità salutari e, cristianizzate nella Tarda antichità, furono dedicate generalmente all’Arcangelo Michele, soprattutto in Campania ed in Puglia, sull’esempio della Grotta dell’Apparizione sul Gargano, divenuta santuario nazionale per i Longobardi della Langobardia Minore ed uno dei terminali dei quattro grandi pellegrinaggi cui il fedele cristiano medioevale era tenuto.